Brano: [...]rrezionale preso in sé anche come pura e semplice conquista del Governo, vale per la rivoluzione come una riforma qualsiasi, un episodio, mentre rivoluzione vuol dire quella che ricostruisce la società tutta quanta.
Quindi, dicevo, la discordia tra noi e molti elementi dell'ala destra è in questa concezione del fine, é in questa volontà del fine che diamo alla nostra azione, non nella specificità dell'azione.
E se i compagni di destra invocano Carlo Marx, come lo invocano quelli di sinistra, egli da quel ritratto laggiú sorride tranquillamente della loro opinione. Carlo Marx, come qualunque autore di genio, può avere delle interpretazioni diverse.
L'interpretazione che danno i nostri compagni intellettuali dell'ala destra è un'interpretazione, che direi oggettiva: è l'interpretazione fatalistica, il concetto che Marx abbia stabilito che dal seno stesso dell'evoluzione borghese si sviluppi, ad un certo momenta, l'opposizione del le classi sfruttate, la quale porti automaticamente, con la latta di classe, alla rivoluzione ed alla dittatura del proletariato, ed ammettano che questo fatto debba avvenire da sé quasi che la nostra volontà non ci dovesse entrare per nu[...]
[...]i che noi fossimo trasportati da questo fiume, per cui non ci fosse altro che da aspettare che la corrente passi e raggiunga il suo termine.
Questa concezione oggettiva li porta di conseguenza a curare ciò che è la vita quotidiana, contingente, a cercare la piccola lotta, la piccola riforma, abbandonando al fato il fine ultimo da raggiungere.
Per me la loro concezione è profondamente errata. Altrettanto come questa concezione oggettivistica di Carlo Marx, che non fu mai materialistica in tale senso, dell'assoluto oggettivismo, altrettanto errata è, però, la concezione opposta di un soggettivismo, di un volontarismo marxista che fiorisce oggi, ma è vecchia, e di cui già nel sindacalismo
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soreliano abbiamo gli elementi; questo volontarismo per cui per il cosiddetto rovesciamento della prassi, è la volontà nostra, anzi di una élite, di una piccola minoranza quella che può decidere o no delle sorti della storia e della rivoluzione.
Anche tale concezione è lontanissima, a mio credere, dal pensiero di Carlo Marx, il quale non si adagia né in [...]
[...]cezione opposta di un soggettivismo, di un volontarismo marxista che fiorisce oggi, ma è vecchia, e di cui già nel sindacalismo
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soreliano abbiamo gli elementi; questo volontarismo per cui per il cosiddetto rovesciamento della prassi, è la volontà nostra, anzi di una élite, di una piccola minoranza quella che può decidere o no delle sorti della storia e della rivoluzione.
Anche tale concezione è lontanissima, a mio credere, dal pensiero di Carlo Marx, il quale non si adagia né in quella oggettività né in questa soggettività, assolutamente, ma, appunto, pone il divenire storico nella opposizione dell'una con l'altra. Sopra la constatazione della realtà storica nella quale bisogna vivere, alla quale bisogna adattare l'azione giorno per giorno, sorge l'opposizione dalla nostra volontà, dalla nostra finalità trascendentale. La rivoluzione è l'antitesi dell'idea soggettiva a questa realtà oggettiva, a questo terreno storico sul quale noi ci muoviamo. In questa opposizione, assoluta dunque e intransigente, piuttosto kantiana che hegeliana...
U[...]
[...] vi reagisce secondo un fine che lo trascende: altrimenti ci si adatta, non si è piú causa ma effetto, non si è piú l'avvenire ma il passato. Questo sia detto ai destri. E ai sinistri sia ricordato, viceversa, che la volontà ideale, se si vuol realizzare, deve agire sulla realtà esistente e cimentarsi con la resistenza di questa, commisurando il mezzo al fine, che altrimenti agisce nel vuoto ossia precipita. Tale dunque è la prassi rovesciata di Carlo Marx.
Noi frazione unitaria siamo perfettamente sul terreno marxista, perché non vogliamo chiudere gli occhi alla realtà per fare un salto nel buio, mentre cerchiamo di attuare la rivoluzione coi mezzi che ci son dati, con tutti i mezzi, come aveva già detto Marx, che ci sono dati.
Non crediamo — magari fosse, chi non lo desidererebbe? — non crediamo che basti un manipolo audace, intelligente, ardente, a fermentare le masse solo per il suo grande valore idealistico. Questa è una religione, o qualche cosa che può avvenire solo nei primordi di un movimento ideale, una lenta preparazione per il dom[...]
[...]date, ce lo ha dichiarato Graziadei — che essi non impongono nulla di tutto ciò, che non intendono dettare le leggi precise circa la tattica, le circostanze, l'adattamento di quelli che sono i principi generali della rivoluzione per tutti i paesi del mondo. Non intendono di forzarci la mano, di darci il figurino del nostro Governo, della nostra azione specifica di un certo momento.
Per noi comunisti, per noi che discendiamo dal « Manifesto » di Carlo Marx e di Federico Engels, la dittatura del proletariato è semplicemente una concezione rivoluzionaria che si oppone alla concezione democratica. A una democrazia puramente teorica, e perciò vuota, che praticamente quindi non si è mai effettuata, si contrappone la nostra dittatura. Non c'è opposizione di diritto tra dittatura del proletariato e democrazia. C'è una contrapposizione di fatto, cioè storica, in quanto la democrazia ha mentito completamente ai suoi scopi, ha tradito sè stessa. I Governi chiamati democratici, che debbono quindi rispettare ugualmente i diritti di tutti i cittadini e di t[...]